L'on. Michela Vittoria Brambilla parlando di contributi statali alle Associazioni Venatorie ha sbagliato nel merito e nel numero, prendendo a pretesto per una sua personale battaglia ideologica somme in realtà versate dagli stessi cacciatori. Ogni anno i cittadini cacciatori versano infatti allo Stato circa 215 milioni di euro in tasse, ricevendone come ristorno - previsto per legge e non come graziosa concessione - poco più di due milioni indirizzati non alla caccia, ma all'ambiente e alla sua gestione e programmazione e quindi impiegati per tutta la società. La tassa di Concessione Governativa annuale è pari a 173,16 euro, comprensiva dell'addizionale di 5,16 euro sulla quale è "inciampata" l'on. Brambilla. Calcolando che in Italia ci sono circa 850 mila cacciatori stimati, il netto in entrata delle casse statali è di 147 milioni di euro ai quali vanno ad aggiungersi le tasse regionali, mediamente attorno agli 80 euro, che incrementano ancora il contributo che i cittadini cacciatori versano in favore del sistema Paese. Se a questi oltre 215 milioni di euro di sola tassazione si aggiungono i 61 milioni di IVA movimentata direttamente dal settore armiero sportivo e civile* (per la quasi totalità composto dal mercato venatorio) si arriva a poco meno di 300 milioni di euro di entrate per lo Stato. La somma che l'on. Brambilla ha inserito nella lista dei contributi pubblici è semplicemente un ristorno dunque di una parte - minima - di quanto versato dal mondo venatorio. E' quindi errato e fuorviante parlare di "contributi pubblici" in quanto non arrivano dalle casse generali dello Stato, ma unicamente dai contributi versati dai soli cacciatori e non sono quindi sottratti alla collettività in favore di una parte di essa. Tra l'altro, e l'esponente del PDL dovrebbe ricordarlo perché all'epoca sedeva anche lei in Consiglio dei Ministri, il Ministro Tremonti nel 2010 ha tagliato di un ulteriore milione di euro questo rimborso che è arrivato così poco sopra i 2 milioni annui. È bene sottolineare che le associazioni non vivono né sopravvivono, come l'onorevole vorrebbe far credere, di questi contributi, ma di quanto ogni tesserato versa quando decide di aderire all'Associazione dalla quale vuole farsi rappresentare. E allo stesso modo, dei contributi dei soli cacciatori vivono gli Atc, Istituti previsti dallo Stato per gestire e programmare la caccia. A questo punto allora, siamo noi a chiedere all'on. Brambilla e al neo Ministro dell'Economia Grilli - al quale auguriamo un buon lavoro - di spiegarci due cose:
1 - dove vanno a finire i contributi versati in concessioni governative e regionali dai cacciatori, per quali attività vengono spesi, da chi e con quale metodo visto che non sono indirizzati ai fini previsti dalla legge;
2 - quanti contributi pubblici, pagati da tutti i cittadini, ogni anno vengono erogati alle associazioni animaliste/ambientaliste, se ne esiste un registro e come ci si iscrive, quali attività sono richieste a tali associazioni per poter accedere ai contributi e se queste devono presentare rendicontazioni delle
loro attività.
Infine vogliamo ricordare un dato complessivo, ovvero la spesa totale sostenuta ogni anno dai cacciatori* che secondo il recente studio dell'Università di Urbino "Carlo Bo" Facoltà di Economia, promosso dall'ANPAM (Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni Sportive e Civili) ammonta a 3 miliardi e 200 milioni di euro per decine di migliaia di posti di lavoro. Chi pensa di poter fare a meno di queste cifre, al di là dell'aspetto ideologico sul quale ci sarebbe molto da dire, sbaglia nel fare i conti. Ma d'altronde per l'on. Brambilla non sarebbe la prima volta.